L’ernia del disco cervicale è una causa frequente di dolore in gran parte della popolazione.
Il disco intervertebrale è composto da un nucleo polposo gelatinoso e una guaina fibrosa esterna chiamata anulus. Bisogna immaginarlo come un cuscinetto ammortizzatore interposto tra due vertebre.
Eventi traumatici o posture viziate prolungate provocano una degenerazione dei tessuti e un rimaneggiamento del nucleo polposo e dell’anulus.
La sintomatologia è variabile sulla base o meno della presenza di compressione nervosa o midollare e possono manifestarsi formicolio e dolore diffuso anche agli arti superiori, deficit di sensibilità e perdita dei riflessi degli arti superiori, perdita di tono-trofismo muscolare agli arti superiori, ecc.
Solo dopo aver eseguito un attento esame clinico si potranno richiedere delle indagini radiologiche mirate a indirizzare il trattamento.
Il trattamento può essere quindi conservativo con un protocollo di riabilitazione mirato oppure un trattamento chirurgico di discectomia, laminectomia o stabilizzazione vertebrale.
Discectomia cervicale La discectomia è un intervento chirurgico che serve a eliminare la compressione nervosa provocata da un’ernia del disco esuberante.
È un trattamento di seconda scelta poiché in prima istanza si cerca sempre di intervenire conservativamente. Quando però il dolore diventa insopportabile e la sintomatologia nervosa particolarmente accentuata si procede all’asportazione del frammento di nucleo polposo erniato.
È un intervento che avviene in anestesia generale con tecniche più o meno invasive e in alcuni casi può essere associato al posizionamento di uno spaziatore intervertebrale e alla stabilizzazione vertebrale.
Il miglioramento sintomatologico dopo l’intervento è in genere progressivo e non sempre completo sia sul dolore che sulla sintomatologia neuronale. Non si può escludere la comparsa di una nuova ernia discale, ma la si può prevenire con l’utilizzo di norme comportamentali adeguate.
La ripresa funzionale completa deve essere guidata da un percorso riabilitativo adattato e avviene generalmente in circa sei settimane sulla base delle caratteristiche lavorative o lo stile di vita individuale.
Generalmente il paziente affetto da ernia del disco cervicale lamenta un dolore puntorio a livello del margine mediale della scapola e soprattutto un dolore irradiato al braccio (cervico-brachialgia) che non permette di svolgere le normali attività quotidiane. il paziente che soffre di cervico-brachialgia non riesce a riposare e spesso cerca di dormire seduto, quindi accentua la contrattura muscolare; anche la posizione eretta può dare dolore e in genere il paziente trova una posizione antalgica che cerca di mantenere il più possibile, ma talvolta il beneficio è solo temporaneo.
L’obiettivo principale del programma riabilitativo è il controllo del dolore attraverso terapie fisiche (Laserterapia Ad alta potenza, Tecarterapia) e soprattutto terapie manuali: massoterapia rilassante dei paravertebrali cervicali, dorsali e trapezi, evitando assolutamente mobilizzazioni e rotazioni durante il massaggio e nelle posizioni in cui vengono eseguite le terapie fisiche.
Successivamente la progressione prevede delle caute trazioni manuali in asse per ridurre la forza di compressione sulla radice nervosa; l’obiettivo è recuperare prudentemente la mobilità articolare anche attraverso l’allungamento muscolare controlaterale ed esercizi posturali di correzione dello schema posturale del rachide cervico-dorsale.
Recuperata la mobilità e ridotto notevolmente il dolore si passa alla fase successiva del rinforzo muscolare cauto e controllato dei muscoli del capo e del collo attraverso movimenti continui e lenti, movimenti con tenuta isometrica ad ampie escursioni articolari e movimenti isometrici contro resistenza a intensità moderata rispettando la soglia del dolore.
Il protocollo rieducativo termina in campo con una rieducazione propriocettiva globale attraverso esercitazioni per ripristinare la funzionalità vestibolare e la percezione spaziale del capo fino alla ripresa dell’attività sportiva e alle condizioni pre-sintomatologia.
Il colpo di Frusta è il trauma più frequente del rachide cervicale e si verifica in seguito a un brusco movimento del tratto cervicale.
Diverse possono essere le cause: trauma sportivo, caduta e incidente sul lavoro, anche se la causa più comune sono gli incidenti automobilistici.
Nel caso del colpo di frusta, i muscoli del collo come reazione di difesa al brusco movimento si contraggono provocando dolore intenso e aumentando di consistenza e rigidità. Spesso al dolore si aggiunge un senso di vertigine e una intensa emicrania.
In assenza di lesioni anatomiche il trattamento di scelta prevede l’uso di un collare semirigido, riposo e farmaci specifici in associazione ad un trattamento riabilitativo che consenta un recupero più rapido e completo.
Il trattamento riabilitativo precoce prevede la riduzione del dolore e della contrattura muscolare instauratasi in seguito al trauma attraverso l’utilizzo di terapie antalgiche come Laser ad alta potenza , Ultrasuoni, Tecarterapia e terapia manuale per decontrarre la muscolatura e il recupero precoce dell’articolarità, se non ci sono sintomi algici, attraverso
terapia manuale decontratturante, pompage articolari, allungamento muscolare dei
paravertebrali cervicali, scaleni, trapezi, SCM.
Successivamente il protocollo terapeutico prevede esercizi posturali per il recupero del controllo muscolare e posturale del rachide cervicale ed esercizi di rinforzo dei paravertebrali, dorsali, sternocleido mastoideo, trapezi e sub occipitali.
La riabilitazione si conclude con la ripresa del gesto sportivo in campo attraverso esercizi propriocettivi con approccio globale e segmentario con l’obiettivo di ripristinare la funzionalità vestibolare e la percezione spaziale del capo e recuperare in sicurezza il gesto sportivo.
Con il termine cervicalgia intendiamo tutte quelle patologie dolorose a carico del rachide cervicale. La sua natura può essere traumatica, associata a una sintomatologia acuta o degenerativa caratterizzata da una sintomatologia cronica. Nel primo caso la causa più frequente è il “colpo di frusta” tipico degli incidenti stradali o di traumi sportivi e poi spondilolisi o spondilolistesi, fratture vertebrali.
Nel secondo caso sono diversi i fattori causali. In primis con l’avanzare dell’età aumenta la frequenza di fenomeni di spondiloartrosi. Poi bisogna considerare gli errati atteggiamenti posturali con il mantenimento di posizioni viziate protratte (ad esempio, davanti al pc o alla tv, durante l’utilizzo di telefonini o tablet) che portano alla formazione di ernie discali, contratture della muscolatura cervicale e del cingolo scapolare (frequente è la contrattura del trapezio).
L’obiettivo del programma terapeutico è il controllo del dolore e il recupero della mobilità attraverso l’utilizzo di terapie fisiche (Tecarterapia, Laserterapia ad alta potenza,Ultrasuoni), terapie manuali con massaggio rilassante e decontratturante della zona cervico-dorsale e trapezi e stretching passivo, disattivazione dei trigger point e/o Trattamento Miofasciale.
La cefalea muscolo tensiva è differente dall’emicrania e può essere individuata riconoscendo nel paziente alcuni sintomi ricorrenti, descritti come un dolore continuo alla testa, un dolore sordo che viene assimilato a una pressione costante, come se si avesse una fascia stretta sulla testa, anche se il dolore non insiste solo sulla testa ma può spostarsi alla nuca, alle tempie e al collo. Questo tipo di cefalea è definita muscolo tensiva perché le cause potrebbero trovarsi proprio in un rigidità anomala dei muscoli.
Per questo motivo la cefalea muscolo tensiva può svilupparsi con più frequenza durante periodi di forte stress, oppure dopo avvenimenti caratterizzati da forte tensione emotiva.
Colpisce più frequentemente le donne che gli uomini, e può essere definita cronica o episodica a seconda della durata e dell’intensità degli attacchi. Se episodi di cefalea tensiva si ripetono diverse volte al mese, o durano più di tre mesi, il medico diagnosticherà una cronicizzazione del disturbo, e prescriverà dei farmaci miotensivi per contrastare i sintomi e ristabilizzare la capacità del paziente di affrontare il dolore e lo stress.
Essendo l’origine di tali disturbi da ricercarsi nella tensione muscolare del collo ed in particolar modo dei muscoli profondi che si collegano alla nuca, la fisioterapia per curare le cefalee muscolo tensive, sarà rivolta ad allentare le tensioni muscolari, quindi attraverso massaggi e strumentazioni miorilassanti come la Tecarterapia, la Laserterapia ad alta potenza e Ultrasuoni. Il protocollo prevede a seguire una Rieducazione Posturale specifica a cadenza bisettimanale per almeno sei/otto settimane.
Il disco intervertebrale è come un cuscinetto ammortizzatore interposto tra due vertebre contigue. È composto da un nucleo polposo centrale ricco d’acqua, e un rivestimento esterno fibroso che lo contiene chiamato anulus.
Generalmente alterazioni croniche, dovute a una degenerazione dei tessuti, provocano un rimaneggiamento del nucleo polposo e una mutazione strutturale dell’anulus con cedimento delle lamine del tessuto fibroso.
Si parla quindi di bulging o protrusione discale se il nucleo polposo spinge posteriormente e le fibre dell’anello fibroso sono leggermente sfiancate. Se invece l’anulus, in seguito a sollecitazioni maggiori, si lacera, il materiale contenuto all’interno del disco fuoriesce spingendosi lateralmente, verso il basso e più raramente verso l’alto e si parlerà di ernia discale. Questi fenomeni possono insorgere sia per sforzi bruschi che per posizioni viziate protratte, per esempio davanti al computer o alla televisione.
Dal punto di vista sintomatologico possono essere o non essere presenti deficit neurologici (sciatalgia, cruralgia, formicolio ai piedi, sensazione di ridotta sensibilità tattile e/o dolorifica agli arti inferiori, disturbi di motilità e trofismo degli arti inferiori, riflessi alterati agli arti inferiori, incontinenza, disturbi sessuali) a seconda che vi sia o meno la compressione di una radice nervosa o del midollo spinale. È tipico in molti soggetti il coinvolgimento del nervo sciatico con dolore irradiato ai glutei e dietro la gamba.
In entrambi i casi è necessario valutare quali sono le strutture anatomiche coinvolte ed effettuare un confronto con l’esame clinico per stabilire il miglior percorso terapeutico.
Gli esami strumentali richiesti nel sospetto di una discopatia sono rappresentati da un Rx del rachide lombare che mette ben in evidenza la struttura ossea vertebrale ed eventualmente una Risonanza Magnetica Nucleare del rachide lombare che visualizza meglio le strutture molli della colonna o in alternativa una TC.
Nella maggior parte dei casi il trattamento è di tipo conservativo fisioterapico, nei casi in cui sia molto importante la compromissione radicolare o midollare il trattamento di scelta sarà chirurgico di discectomia nel primo caso e laminectomia nel secondo.
Il trattamento chirurgico di discectomia è utilizzato nel caso in cui un’ernia del disco vada a comprimere il midollo spinale o le radici nervose tanto da produrre una sintomatologia dolorosa o un peggioramento progressivo del quadro clinico nonostante l’adesione a un percorso riabilitativo adattato.
Tecnicamente il chirurgo procede in anestesia generale all’asportazione del frammento di disco erniato mediante l’utilizzo di tecniche più o meno invasive per consentire al paziente un recupero funzionale più rapido.
Nel caso in cui dovesse essere necessaria l’asportazione di gran parte del nucleo polposo alla discectomia si associa il posizionamento di uno spaziatore di osso sintetico, o di osso del paziente, tra le due vertebre interessate ed eventualmente si procede a una stabilizzazione vertebrale.
Il risultato dell’intervento è generalmente la diminuzione del dolore e della sintomatologia neuronale progressiva ma non sempre completa. Tuttavia non si può escludere la formazione di una nuova ernia discale.
Molto importante è il supporto di una terapia riabilitativa mirata che consenta la ripresa funzionale completa del paziente che avviene generalmente tra le due e le sei settimane dall’intervento a seconda dell’attività lavorativa o di vita quotidiana svolta.
Il paziente con ernia discale racconta che in passato ha già avuto qualche episodio di lombalgia e che dopo uno sforzo (talvolta uno starnuto o una flessione del busto) comincia ad avere dolore a una gamba, formicolio, irrigidimento muscolare: tutti sintomi che indicano un coinvolgimento della radice nervosa.
Solo dopo una visita medica accurata e una precisa diagnosi è possibile iniziare il programma terapeutico personalizzato al tipo di erniazione.
Il primo obiettivo della rieducazione è quello di ridurre il dolore e recuperare la mobilità. In questa fase della terapia sono importanti la massoterapia, decontratturante per i paravertebrali e flessori, la terapia fisica non invasiva (tens, laser, ipertermia), l’allungamento della catena muscolare anteriore con esercizi selettivi per gli ischiocrurali e soprattutto il recupero posturale globale in piscina, con esercizi in scarico per stimolare il controllo della posizione del bacino e delle gambe e recuperare in sicurezza il movimento quotidiano.
Se spariscono i sintomi della sofferenza radicolare e il segno di lasegue (test medico) è negativo, si può procedere al recupero muscolare in palestra con esercizi di tonificazione selettiva degli addominali (trasverso), del quadricipite, dei glutei dei muscoli del core con l’obiettivo di creare un corsetto naturale che stabilizzi la colonna vertebrale durante i movimenti.
Raggiunto un ottimo livello di controllo e forza muscolare, è utile terminare il ciclo riabilitativo con alcune sedute sul campo sportivo, con esercitazioni su pedane instabili, palloni bobath per il recupero della funzionalità vestibolare e della percezione spaziale, per una ripresa graduale e sicura della pratica sportiva e quotidiana.
Con il termine di “stenosi del canale lombare” si identifica una riduzione del diametro del canale vertebrale con graduale compressione e sofferenza del midollo spinale e delle radici nervose.
Raramente è una caratteristica congenita, più frequentemente è acquisita nel tempo.
L’instaurarsi di questa condizione è causa dell’evoluzione di processi degenerativi come fenomeni spondilosici e spondiloartrosici, comparsa di ernie discali, fattori traumatici con fratture vertebrali.
La sintomatologia predominante di questo disturbo è data dai segni neurologici di compromissione midollare variabili sulla base del livello discale con conseguente comparsa di lombalgia, lombosciatalgia, lombocruralgia, deficit di sensibilità e riflessi agli arti inferiori, perdita di tono-trofismo muscolare agli arti inferiori, incontinenza sfinteriale, disturbi della sfera sessuale. Caratteristico della Stenosi è la l’impotenza funzionale a camminare per più di 200/300 metri.
Nel sospetto di una stenosi del canale lombare l’esame di scelta è la RMN con cui è possibile valutarne le caratteristiche anatomiche.
Il trattamento di scelta è conservativo nelle forme più lievi in cui si procede a un trattamento di fisiokinesiterapia mirato, con utilizzo di Laserterapia ad alta potenza, Tecarterapia, sistema super Induttivo.
Nelle forme più gravi è necessario un intervento chirurgico.
La causa più frequente di compressione del canale midollare è la comparsa di un’ernia discale, fenomeni discoartrosici, spondilosi e spondilolistesi. La sintomatologia tipica è data da un dolore invalidante e da alterazioni nella conduzione nervosa con formicolio alle gambe, diminuzione della forza e della sensibilità agli arti inferiori. La terapia iniziale di scelta è conservativa con un programma di sedute riabilitative adattato al paziente.
La sintomatologia dolorosa e nervosa tende a migliorare progressivamente anche se non è garantita la remissione totale.
Molto importante a seguire è il supporto di una terapia riabilitativa mirata che consenta la ripresa funzionale completa del paziente che avviene generalmente tra le sei e le dodici settimane dall’intervento a seconda dell’attività lavorativa o di vita quotidiana.
spondilolisi è un’alterazione della morfologia del rachide lombare che consiste nell’interruzione di continuità dell’istmo vertebrale. Se l’istmo si interrompe da entrambi i lati,
il corpo vertebrale tende a scivolare in avanti sul corpo della vertebra sottostante producendo una spondilolistesi.
La causa della spondilolisi non è del tutto nota: si pensa che vi sia una debolezza congenita dell’istmo in certi individui. I microtraumi ripetuti o un trauma singolo di una certa entità, possono causare la comparsa di lombalgia.
Questa patologia è la principale causa di lombalgia negli adolescenti e nei giovani sportivi.
Colpisce quasi sempre la 5° vertebra lombare che quindi tende a scivolare sul corpo del sacro, e la 4° vertebra lombare che scivola sulla 5°.
La spondilolisi è sostanzialmente benigna, ma tende a evolvere negli anni ed è comunque una causa di instabilità del rachide lombare. Per questo è opportuno tenerla sotto controllo con opportuni esami clinici e strumentali.
Il primo approccio è clinico e attraverso test specifici viene posto un sospetto diagnostico.
L’esame radiologico più indicato è sicuramente una comune radiografia del rachide lombo-sacrale in proiezione laterale per valutare il grado di listesi e in proiezione obliqua per valutare la lisi dell’istmo.
Nei quadri più evoluti la listesi può causare una stenosi del canale con conseguente compressione nervosa e sintomatologia irradiata. In questo caso una RMN è l’esame di scelta.
La terapia conservativa è il primo approccio con sedute di fisiokinesiterapia mirata al recupero funzionale. Nei casi più gravi in cui la listesi è tale da provocare una compromissione midollare o radicolare, è necessario l’intervento chirurgico di stabilizzazione vertebrale.
Se la listesi è stabile, si può impostare un protocollo di riabilitazione con potenziamento degli addominali selettivi, dei glutei dei muscoli del core con l’obiettivo di creare un corsetto naturale che stabilizzi la colonna lombare in situazioni statiche e dinamiche con contrazioni isometriche abbinate a esercizi respiratori fino a eseguire esercizi con palloni bobath per il controllo avanzato del bacino e della muscolatura glutea.
Il programma riabilitativo termina con una ripresa graduale e in sicurezza del gesto sportivo con esercitazioni sul campo per il recupero del gesto atletico specifico, della propriocezione e della funzionalità vestibolare. In quest’ultima fase è consigliabile l’uso di un lumbotrain (tutore protettivo per la zona lombare) sia durante l’attività sia ogni qual volta che si debbano sollevare dei pesi.
Il termine generico lombalgia raggruppa una serie di patologie che generano mal di schiena, ovvero dolore risentito a livello dei muscoli e delle ossa della schiena.
Le cause più frequenti di lombalgia possono essere associate o meno a un trauma. Nel primo caso generalmente è riscontrabile la presenza di una protrusione o un’ernia discale o di una spondilolistesi. Più raramente la causa è uno stiramento o strappo muscolare o la comparsa di una frattura vertebrale lombare con o senza interessamento midollare.
Nel secondo caso possiamo riscontrare artriti infiammatorie, patologie tumorali o i difetti intervertebrali minori (DIM) ed è frequentissimo un interessamento muscolare in risposta alle cattive abitudini di vita.
Esempi comuni possono essere una posizione scorretta sul divano o sulla sedia da lavoro, molte ore passate in auto, carichi esagerati durante gli allenamenti in palestra, aumento di peso corporeo, sedersi con il portafoglio nella tasca posteriore e tanti altri.
L’episodio di lombalgia acuta è noto come “colpo della strega”, un dolore talmente intenso da costringere il paziente a rimanere a letto per diversi giorni e che in genere insorge dopo un movimento brusco in torsione o in flesso-estensione del rachide. Spesso i sintomi si presentano dopo aver sollevato un peso in posizione semiflessa con la sensazione di schiena bloccata. Altre volte bastano anche gesti banali come infilarsi i pantaloni o chinarsi davanti al lavandino.
Questi sintomi possono persistere anche per diversi mesi se non adeguatamente trattati, in questo caso parliamo di lombalgia cronica.
La visita medico specialistica mira a stabilire l’origine della lombalgia e se ci siano associati segni di compressione di una radice nervosa. Questo potrebbe causare un dolore irradiato lancinante con parestesie, ovvero sensazione di formicolio o alterazione della sensibilità cutanea nei distretti innervati da quella specifica radice, ma anche perdita di forza della muscolatura corrispondente.
Quasi sempre i muscoli che governano i movimenti del rachide sono contratti e dolenti in risposta di protezione post traumatica e questo può generare un fastidio persistente e persino notturno che altera la qualità del sonno.
Gli esami strumentali richiesti nel sospetto di alterazioni strutturali del rachide sono in genere una radiografia standard del rachide lombo-sacrale, una risonanza magnetica (RMN) o in alternativa una TAC se c’è il sospetto di una discopatia.
Sulla base degli esami strumentali e della sintomatologia il trattamento indicato sarà conservativo o chirurgico. Un trattamento conservativo prevede un percorso riabilitativo specifico mirato alla risoluzione della sintomatologia, al ripristino di una funzionalità ottimale e alla prevenzione di recidive. Il trattamento chirurgico sarà invece mirato alla risoluzione dell’alterazione strutturale causa della sintomatologia dolorosa.
La lombalgia può essere suddivisa in acuta o cronica a seconda della modalità di insorgenza ma entrambe presentano caratteri comuni caratterizzati da presenza di dolore localizzata alla regione lombare, blocco più o meno marcato in alcuni movimenti in flesso/estensione soprattutto al mattino e difficoltà a mantenere una posizione prolungata nel tempo.
Il protocollo terapeutico in entrambi i casi è simile, variano solo le tempistiche di guarigione.
L’obiettivo primario del programma rieducativo è la riduzione della tensione muscolare e del dolore, attraverso terapie fisiche come laser, tens, ipertermia e massoterapia decontratturante dei paravertebrali lombari, quadrato dei lombi, miofasciale dell’ileopsoas e riflessogeno del piriforme.
Ridotta la contrattura muscolare, è possibile recuperare l’articolarità e la mobilità attraverso lo stretching muscolare degli adduttori, psoas, glutei, ischiocrurali e TFL; non appena possibile, è utile effettuare attività aerobica consentita (camminata su tapis roulant, ellittica) non prima di aver provveduto alla correzione posturale dell’assetto globale del rachide, viziato da contrazioni antalgiche e atteggiamenti scorretti acquisiti nel tempo.
Una volta diminuito il dolore, è possibile iniziare la fase più importante del protocollo, quella della tonificazione muscolare, attraverso esercitazioni per il trasverso dell’addome, glutei, quadricipite, retto addominale, obliqui e dei muscoli del core veri e propri stabilizzatori e dissipatori delle forze che agiscono sul rachide. Verranno proposti esercizi dapprima in isometria e progressivamente verranno inseriti elementi per migliorare il controllo e la difficoltà come palloni bobath e pedane instabili.
Il programma riabilitativo termina con l’ultima fase quella della ripresa dell’attività sportiva praticata sul campo sportivo con esercitazioni per ripristinare la funzionalità vestibolare e la percezione del corpo e specifiche secondo i fondamentali tecnici dello sport di provenienza.
Con il nome dorsalgia s’intende una patologia che coinvolge il tratto dorsale della colonna vertebrale.
Le cause più frequenti di dolore a questo livello sono una ipercifosi o un crollo vertebrale osteoporotico. Entrambe sono patologie prevalentemente riscontrabili nei pazienti anziani che con l’avanzare dell’età tendono a “curvarsi in avanti”.
L’aumento della curva cifotica toracica provoca uno squilibrio delle forze di carico su tutta la colonna e in particolare delle vertebre dorsali, le quali avranno quindi la tendenza a consumarsi nella parte anteriore e a cuneizzarsi.
Inoltre, in pazienti che si trovano in questa situazione e che sono affetti anche da osteoporosi, sarà frequentissimo il riscontro di fratture vertebrali anche in seguito a traumi banali come, ad esempio, alzare un vaso da terra.
Allo stesso modo in pazienti giovani che assumono abitualmente posture errate l’accentuazione della cifosi mette in tensione la muscolatura dorsale che diventa dolente e nel tempo potrebbe essere causa della formazione di protrusioni o di ernie discali.
In base al tempo di persistenza del dolore distingueremo fra dorsalgia acuta e dorsalgia cronica.
Le indagini strumentali di scelta saranno l’Rx e la risonanza magnetica (RMN) del rachide dorsale o in alternativa una TAC per la valutazione di fratture vertebrali e di discopatie in generale.
A seconda della causa che determina la dorsalgia il paziente può presentarsi con doloreacuto a seguito o meno di uno sforzo o di un trauma, che si accentua con i movimenti respiratori. In genere, è sempre presente una contrattura muscolare dei paravertebrali dorsali.
Il primo obiettivo del programma terapeutico è quindi la riduzione del dolore e della contrattura che si ottiene attraverso l’utilizzo di terapie fisiche (Tecarterapia, Laserterapia Ad Alta Potenza,Sistema Super Induttivo Ultrasuoni) ma soprattutto con la massoterapia decontratturante per i paravertebrali dorsali e lombari, romboidei e trapezi. Parallelamente è necessario l’allungamento muscolare dei suddetti muscoli che sono generalmente ipertonici e retratti e una correzione posturale dell’assetto globale del rachide, viziato da atteggiamenti scorretti acquisiti nel tempo.
Alla scomparsa del dolore il programma rieducativo si incentra sull’attività aerobica consentita (camminata, ellittica, top xt) e sul recupero muscolare degli stabilizzatori dell’addome (trasverso), dei muscoli di spalla e dorso che presentano deficit di forza (deltoide, trapezio, bicipite, tricipite, gran dorsale, romboidi) con l’obiettivo di accorciare anteriormente e allungare posteriormente.
Il protocollo terapeutico termina con esercitazioni per la rieducazione propriocettiva e con supporti instabili (tavolette).